domenica 23 ottobre 2011

LA DOTTRINA CATTOLICA SULL'ECUMENISMO - 1

«Vi è attualmente una curiosa contraffazione dell’apostolato; contraffazione che consiste nel fare come gli altri, nel pensare come gli altri, nel vivere come gli altri, allo scopo di stabilire un dialogo più fruttuoso; un tale metodo, molto evidentemente, non converte gli altri alla nostra fede, ma ci converte alla loro incredulità.
Noi dobbiamo gettare un ponte tra Cristo e il mondo non per attraversarlo noi, ma per aiutare gli altri a raggiungerLo. Non è abbandonando il Vangelo che si convertono gli uomini a Cristo.»

Ivan Gobry, Amour coniugal et fecondité



PREMESSA

Prima di analizzare l’ecumenismo, crediamo opportuno citare un passo estremamente interessante tratto dall’intervento di S.E. Mons. Grotti, servita, tenuto il 27 Ottobre 1963, durante una delle Sessioni del Concilio Vaticano II:

“ [...] L’ecumenismo consiste nel confessare o nel nascondere la verità? Il Concilio deve spiegare la dottrina cattolica o quella dei fratelli separati?
Nascondere la verità ci ferisce, e ferisce coloro che sono separati da noi. Ci ferisce, perché facciamo la figura di ipocriti; ferisce coloro che sono separati da noi, perché questo li fa apparire deboli e suscettibili di essere offesi dalla verità.
Professiamo la nostra fede apertamente! Siamo dottori di coloro che sono nella Chiesa, insegnando con chiarezza e non nascondendo la verità! [...] ”


Ecco cosa scrive Padre Garrigou Lagrange O.P., Professore di Teologia Dogmatica e Mistica alla Pontificia Università di San Tommaso di Roma, nell’opera Le tre età della vita interiore, LICE, Torino, 1949, vol. I, pag. 180 sg. nota 12, nell’ambito della trattazione della virtù di Carità:

“ [...] Esiste, infatti, una falsa carità, fatta d’indulgenza colpevole, di debolezza, come la dolcezza riprovevole di quelli che non urtano alcuno perché hanno paura di tutti. V’è anche una pretesa carità, fatta di sentimentalismo umanitario che cerca di farsi approvare da quella vera, e che spesso contamina con il suo contatto.
Uno dei principali conflitti dell’ora presente è quello che sorge tra la vera e la falsa carità. Questa fa pensare ai falsi cristi di cui parla il Vangelo; essi sono assai più pericolosi quando si occultano che quando si levano la maschera e si fanno conoscere per veri nemici della Chiesa. Optimi corruptio pessima, la peggiore corruzione è quella che intacca in noi ciò che v’è di migliore, la più elevata delle virtù teologiche. Il bene apparente che attira il peccatore è difatti tento più pericoloso quanto più è elevato il bene di cui è un simulacro. Tale è l’ideale dei pancristiani i quali cercano l’unione delle chiese a detrimento della fede che una tale unione suppone.
Se dunque per stoltezza o per viltà più o meno cosciente, quelli che dovrebbero rappresentare la vera carità approvano qua e là quello che contiene la falsa, ne può risultare un male incalcolabile, più grande talvolta di quello che farebbero dei persecutori dichiarati, coi quali è manifesto che non possiamo più avere niente in comune. [...] ”



I. NOZIONE

Viene definito ecumenismo il movimento religioso sorto all’inizio di questo secolo per iniziativa dei Protestanti, mirante all’unione delle diverse chiese cristiane, in modo da preparare una grande chiesa ecumenica, che superi tutte le divisioni dottrinali e disciplinari.
I promotori dell’ecumenismo, recentemente, sembrano voler estendere questo concetto a tutte le religioni, non solo monoteiste, ma anche politeiste, con l’intenzione di creare una sorta di religione universale basata sulla fratellanza tra i popoli.
L’ecumenismo, come tale, è inconciliabile con la dottrina cattolica, la quale insegna esservi già una sola vera ed unica Chiesa, nel cui ovile e sotto l’autorità del cui pastore tutti hanno la possibilità di trovare pienamente realizzate le parole di Cristo, “ut unum sint”.



II. RAGIONI DI INCONCILIABILITÀ CON LA DOTTRINA CATTOLICA

Le ragioni di inconciliabilità sono evidenti. L’ecumenismo infatti:

1. nega che vi sia una vera Chiesa, dotata delle note che la distinguono: l’unità e l’unicità, la santità, la cattolicità (universalità) e l’apostolicità
2. negando che vi sia una sola Chiesa, nega anche l’autorità del Supremo Pastore, Cristo, e del suo legittimo Vicario, il Papa
3. professando di voler superare le divisioni dottrinali, nega l’oggettiva verità dei dogmi e presume di poter fondare l’unità sull’errore e sull’eresia
4. riconoscendo pari dignità a tutte le “chiese”, pone di fatto la Chiesa di Cristo al livello delle sette; negando che essa sia istituzione divina, nega che sia governata e retta da Dio e che solo attraverso di essa gli uomini - ad eccezione di casi di ignoranza invincibile - possano conseguire la salvezza eterna
5. nelle sue forme più recenti, pone la Chiesa al livello delle religioni false ed idolatre, il Dio vero e santo al livello degli dei mendaci e delle forze della natura
6. implicitamente afferma che l’uomo può salvarsi al di fuori della vera Chiesa, aderendo ad una setta cristiana o alle superstizioni dei pagani e degli idolatri
7. nega la necessità dello zelo missionario della Chiesa e legittima gli omicidi e le stragi di missionari cattolici compiute dagli eretici e dai pagani in ogni parte del mondo
8. propugna la laicità dello stato, il relativismo e l’indifferentismo religioso, a danno della verità e a vantaggio dell’errore
9. è causa di vizi e di corruzione, poiché dove Cristo non regna, si annida il peccato, l’omicidio, l’inganno e lo scandalo verso i giusti.

Come si vede, l’ecumenismo così inteso non solo legittima l’eresia, l’apostasia, l’idolatria e tutti i peccati che ne scaturiscono, ma distrugge dalle fondamenta la fede cattolica, vanificando l’esistenza stessa della Chiesa. Non stupisce che esso stia tanto a cuore alla massoneria, che della Religione rivelata è principale ed acerrima oppositrice.
Se infatti si ammette - per assurdo - che la Chiesa vera ed unica non è pienamente realizzata nella Chiesa Cattolica, e che di conseguenza l’insegnamento del Magistero non è che una versione opinabile di una delle tante realtà presenti in seno al cristianesimo e addirittura al di fuori di esso, non si può più distinguere l’eresia dalla verità di fede, lo scisma dalla comunione, il vizio dalla virtù, la setta dalla sola Arca di salvezza che Dio ha stabilito nella sua Provvidenza.
E se si afferma ciò, ne consegue che la Chiesa ha da sempre insegnato come verità di fede delle pure opinioni, se non degli errori, e che quindi essa è fallibile nelle questioni relative alla salvezza eterna; se poi la Chiesa è fallibile, lo è anche Colui che ad essa ha promesso perpetua assistenza, cioè Dio. Da ciò la conclusione: le Sacre Scritture e la divina Tradizione sono prive di fondamento, quindi non ispirate da Dio ma semplice espressione di un modo di sentire il fenomeno religioso da parte degli uomini, né più né meno dei libri “sacri” delle altre religioni.
Da tutto ciò si comprende come l’ecumenismo altro non sia se non il frutto dell’errore protestante e delle sue dirette infiltrazioni in seno al mondo cattolico, prima di tutte il modernismo, somma di tutte le eresie, secondo la definizione di San Pio X (cfr. Enc. Pascendi).

sabato 22 ottobre 2011

LA DOTTRINA CATTOLICA SULL'ECUMENISMO - 2

III. CONFUTAZIONE

La grave crisi che la Chiesa attraversa in questi ultimi decenni, in particolare ad opera di non pochi teologi, non poteva evitare il manifestarsi dell’errore ecumenico, di cui questa crisi è insieme causa ed effetto. Non fu così in passato: i Pontefici condannarono con impressionante lungimiranza questo fenomeno fin dall’inizio, mettendo in guardia i cattolici con numerosi documenti magisteriali.
E’ pur vero che mai i Papi poterono immaginare un tale proliferare di errori, da supporre che un giorno qualcuno avrebbe potuto affermare - in nome di una mal interpretata libertà di religione - che la Santa Chiesa di Dio non ha nulla che la renda intrinsecamente e sostanzialmente superiore non solo alle sette cristiane, ma anche alle superstizioni pagane.
Appare inoltre evidente che, se è vero che i modernisti abbracciano con entusiasmo ogni novità e maggiormente la propugnano se legittima i loro errori, anche altri si adoperano perché l’ecumenismo progredisca e trovi vasto spazio nel tempio di Dio: laicisti ed atei, razionalisti, irenisti, massoni e via dicendo. Tutti costoro hanno compreso che il modo migliore per indebolire la Chiesa è quello di non combatterla apertamente e di favorire il proliferare delle eresie al suo interno. Come non vedere nei vaneggiamenti degli ecumenisti la realizzazione dei progetti massonici circa la religione universale?



IV. IL VERO ECUMENISMO

La Sacra Scrittura, la Tradizione e l’insegnamento del Magistero infallibile della Chiesa sono concordi nell’affermare senza appello la condanna dell’ecumenismo così inteso.
Fin dall’Antico Testamento il popolo di Israele aveva la consapevolezza di essere stato scelto per testimoniare la salvezza di Dio a tutte le nazioni, e più volte ebbe prova della esclusività di questo suo rapporto con Dio, sia venendo punito ogni volta che cedeva a tentazioni di connivenza con i pagani, sia custodendo le verità che il Signore gli aveva insegnato, sia infine preparando la nascita del Redentore, il Messia di Israele, Signore dei Signori, Re dei Re.
L’insegnamento di Cristo e degli Apostoli fu ancora più esplicito: si veda a tal proposito la parte riguardante la virtù della Fede. I Martiri della Chiesa furono condannati ad atroci supplizi - di cui resta ampia documentazione - proprio perché rifiutarono di adorare gli idoli. L’autorità romana, infatti, accettava tutte le religioni, ma imponeva loro l’obbligo di riconoscere l’imperatore come dio, bruciando incenso davanti alla sua statua. Ovviamente per un cristiano questo atto di adorazione era equivalente all’apostasia, ed il rifiutarsi di compierlo era considerato reato di lesa maestà. Se l’ecumensimo fosse stato accettato, mai come allora si sarebbe mostrato utile; e le feroci persecuzioni anticattoliche da parte degli eretici di tutti i secoli si sarebbero potute evitare, nel nome della “complementarità” delle confessioni religiose e della pace tra i cristiani. Per grazia di Dio, i martiri erano testimoni della fede e non dell’ecumenismo.
Ma la pace non è non belligeranza: è tranquillità dell’ordine. E dove non c’è la fede integra e pura, regna il caos. La vera pace viene dal Regno di Cristo, in cui vige la Sua legge e Lo si adora con culto pubblico. Inutile dire che solo la Chiesa proclama questa verità, poiché è Cristo stesso che la guida.
Il vero ecumenismo è antico quanto la Chiesa: esso consiste nel moltiplicare gli sforzi per acquistare a Dio coloro che non credono, per riportare nell’unico ovile coloro che se ne sono allontanati e per fortificare i fedeli nella loro fede. Si chiama zelo apostolico, predicazione, missione. Si fonda sulla carità (per cui si ama Dio ed il prossimo per amor Suo) illuminata dalla fede (per cui si crede a ciò che Dio ha rivelato e che la Chiesa propone a credere, per l’autorità di Dio rivelatore) ed animata dalla speranza (che assicura la grazia a coloro che la chiedono e che seguono la legge di Dio).
Poiché Dio è Verità suprema e Carità perfetta, amarLo senza credere in Lui non è possibile: negare la verità è negare Dio. Certo, difficili situazioni storiche ed altre ragioni contingenti possono far sì che una divisione dottrinale sembri insanabile; ma la Chiesa non intende ammettere l’errore, ma convincere l’errante, come portare un uomo dalle tenebre alla luce non vuol dire negare l’esistenza delle tenebre o ammetterne la conciliabilità con la luce.



V. PRONUNCIAMENTI MAGISTERIALI

Condannato il liberalismo, il relativismo e l’indifferentismo con l’Enciclica Quanta cura ed il Sillabo da parte di Pio IX; condannato il modernismo con l’Enciclica Pascendi ed il Decreto Lamentabili da parte di San Pio X; gli errori in materia di ecumenismo trovarono in Pio XI una ferma e risoluta condanna nell’Enciclica Mortalium animos.


Ecco alcuni passi chiarissimi:

“Convinti che rarissimo è il caso di uomini assolutamente privi di ogni sentimento religioso, sembrano nutrire speranza che non debba riuscire troppo difficile che, malgrado singole divergenze in materia di religione i popoli si accordino fraternamente un giorno nella professione di alcune dottrine, accolte come base comune di vita spirituale. Di qui il frequente indire che fanno, con notevole intervento di persone, di congressi, riunioni, conferenze cui sono indifferentemente invitati a discutere infedeli di ogni gradazione e cristiani e perfino infelici apostati da Cristo che ne ripudiano con pertinace ostinazione la natura e missione divina. Simili tentativi non possono in nessun modo riscuotere l’approvazione dei cattolici, fondati come sono sul falso presupposto che tutte le religioni siano buone e lodevoli in quanto tutte, pur nella diversità dei modi, manifestano e significano ugualmente quel sentimento, a chiunque congenito, che ci rivolge a Dio e ci rende ossequienti nel riconoscimento del suo dominio. Teoria questa non solo erronea e ingannatrice, ma che attraverso una deformazione del vero concetto religioso conduce insensibilmente chi la professa al naturalismo ed all’ateismo. E’ chiara quindi la conseguenza: aderendo ai fautori di tali teorie e tentativi ci si allontana del tutto dalla religione rivelata da Dio”.
“I fautori di questa iniziativa van di continuo e quasi all’infinito ripetendo le parole di Cristo: “Che tutti siano una cosa sola... si farà un solo gregge ed un solo pastore...” con l’idea però di esprimere così un voto e una preghiera di Gesù Cristo tuttavia inesauditi. Per costoro l’unità di governo e di fede, che è la nota distintiva dell’unica e vera Chiesa di Cristo non è mai, si può dire, esistita nel passato né esiste al presente; è possibile si desiderarla e forse, una volta o l’altra, mediante la comune volontà dei fedeli potrebbe anche realizzarsi, ma rimane per adesso vaga utopia. Di più: la Chiesa, dicono, per sé, per sua natura è divisa in parti, consta cioè di molte singole Chiese e comunità e queste separate finora pur avendo in comune taluni punti dottrinali, tuttavia non sono d’accordo per altri i ma tutte godono e possono rivendicare gli stessi diritti; la Chiesa insomma fu unica al più dall’età apostolica fino ai primi concili ecumenici. Dunque, soggiungono, bisogna mettere da parte e superare ogni controversia e codeste antichissime divergenze che ancor oggi mantengono diviso il nome cristiano; e formare invece, dalle altre dottrine comuni, e proporre, una norma di fede nella cui professione prevalga piuttosto al sapersi il sentirsi fratelli; che infine se unite da un patto universale le varie comunità o chiese potranno opporre solida e fruttuosa resistenza ai progressi dell’empietà”.
“Ma se molti sono gli acattolici che predicano a gran voce la fraterna comunione in Gesù Cristo, non se ne trova nemmeno uno cui venga in mente di obbedire all’insegnamento e sottoporsi al governo del Vicario di Gesù Cristo. E intanto sostengono che essi tratteranno ben volentieri con la chiesa romana ma con eguaglianza di diritti, cioè da pari a pari; e se così potessero fare ci vuol poco a supporre che agirebbero in modo che l’eventuale accordo non li costringesse al ripudio delle opinioni per cui vagano ancora erranti lontano dall’unico ovile di Cristo”.
“Stando così le cose, è evidente che non può la Sede Apostolica prendere parte a queste riunioni né è permesso in alcun modo ai cattolici aderire o prestar l’opera propria a tali iniziative; così facendo attribuirebbero autorità ad una falsa religione cristiana, assai diversa dall’unica Chiesa di Cristo. Ma potremo noi tollerare l’iniquissimo tentativo che la verità, e di più divinamente rivelata sia oggetto di transazioni? Ché qui si tratta proprio della difesa della verità rivelata. Dal momento che Gesù mandò per il mondo intero a diffondere tra tutti la buona novella gli apostoli, dopo aver loro tolto, per mezzo del preventivo insegnamento di tutta la verità da parte dello Spirito Santo, ogni possibilità di errore, forse che cotesta dottrina apostolica è mai venuta del tutto meno o fu talvolta alterata, in quella chiesa di cui Dio stesso è guida e custode ?”
«Risulta quindi evidente, venerabili fratelli, il motivo del permanente divieto posto da questa Sede Apostolica ai fedeli di partecipare a riunioni degli acattolici. Ché l’unico modo possibile di favorire l’unità dei cristiani si è di agevolare il ritorno dei dissidenti alla unica vera Chiesa di Cristo, a tutti ben nota e, per volontà del proprio fondatore, destinata a rimaner in eterno tale come Egli la istituì per la comune salvezza di tutti. Che mai nel volgere dei secoli la mistica Sposa di Cristo fu contaminata né mai potrà contaminarsi secondo le belle parole di Cipriano: “Non può adulterarsi la Sposa di Cristo; è incorrotta e pudica; una sola casa conosce, di una sola stanza custodisce con casto pudore: la santità”. E il medesimo santo martire bene a ragione si meravigliava che ci fosse qualcuno capace di credere che “questa unità proveniente dalla divina stabilità e saldata per mezzo dei sacramenti celesti possa nella Chiesa infrangersi ed esser sciolta per il dissenso di volontà discordanti”.»

E’ utile precisare che il contenuto di questa enciclica, in quanto espressione del Supremo Magistero ordinario della Chiesa, è da ritenersi come verità di fede e per ciò stesso irreformabile.

venerdì 21 ottobre 2011

LA DOTTRINA CATTOLICA SULL'ECUMENISMO - 3

Importante l’Istruzione Ecclesia Catholica, della Suprema Sacra Congregazione del Sant’Officio:


SUPREMA SACRA CONGREGAZIONE DEL SANT’UFFIZIO
Istruzione “Ecclesia Catholica”
agli Ordinari diocesani, sul “Movimento ecumenico”

La Chiesa Cattolica, pur non prendendo parte ai congressi ed alle altre riunioni ecumeniche, tuttavia non ha mai desistito - come molti documenti pontifici dimostrano - né mai in futuro desisterà di perseguire con particolare impegno e con assidue preghiere a Dio ciò che tanto sta a cuore a Cristo Signore, cioè che tutti coloro che credono in Lui “siano riuniti insieme” (Joh., XVII, 23).
Ed infatti con affetto materno essa abbraccia tutti coloro che tornano a lei come all’unica vera Chiesa di Cristo; non possono mai essere abbastanza approvati e promossi tutti gli sforzi e le iniziative che, con il consenso dell’Autorità Ecclesiastica, sono stati intrapresi e portati a termine nella giusta istruzione di quanti desiderano convertirsi e nella maggiore formazione di coloro che ad essa si sono convertiti.
In molte parti del mondo, infatti, sia da molti eventi esterni e per mutazioni degli animi, sia soprattutto per le comuni preghiere dei fedeli, sotto il soffio della grazia dello Spirito Santo, nell’animo di molti dissidenti dalla Chiesa Cattolica è andato crescendo il desiderio di tornare all’unità di tutti coloro che credono in Cristo Signore. La qual cosa è senza dubbio motivo di santa letizia nel Signore per tutti i figli della Chiesa, ed insieme invito per aiutare coloro che cercano sinceramente la verità, invocando con la preghiera la luce e la forza su di essi.
I tentativi finora intrapresi da persone e gruppi diversi per la riconciliazione dei dissidenti cristiani con la Chiesa Cattolica, pur essendo ispirati da ottime intenzioni, non sempre sono informati a retti principi e, anche se questo avviene, nondimeno sono scevri dai pericoli, come l’esperienza dimostra.
Per la qual cosa a questa Suprema Sacra Congregazione, che ha la funzione di conservare integro e di proteggere il deposito della fede, è parso opportuno ricordare ed ordinare quanto segue:

1. Poiché la suddetta riunione è di pertinenza specialissima della funzione e dell’ufficio della Chiesa, è necessario che se ne interessino i Vescovi, che “lo Spirito Santo pose al reggere la Chiesa di Dio” (Act., XX, 28). Essi dunque non solo dovranno sorvegliare con diligenza ed efficacia tutta questa attività, ma anche promuoverla e dirigerla con prudenza, sia per aiutare coloro che cercano la verità e la vera Chiesa, sia per allontanare dai fedeli i pericoli che possono facilmente seguire l’attività di questo Movimento.
Per la qual cosa essi dovranno essere continuamente aggiornati su tutto ciò che nelle loro diocesi viene realizzato e promosso per mezzo di detto Movimento. Essi designeranno a tal scopo Sacerdoti idonei che si attengano scrupolosamente alla dottrina ed alle norme prescritte dalla Santa Sede, cioè a quanto nelle Lettere Encicliche Satis cognitum, Mortalium animos e Mystici Corporis Christi riguarda il Movimento ecumenico e che vi facciano riferimento, nei modi e nei tempi stabiliti.
Con cura particolare controlleranno le pubblicazioni che su questo argomento in qualsiasi modo siano edite dai cattolici e si adopreranno perché vengano osservati i sacri canoni “Sulla previa censura dei libri e sulla loro proibizione” (can. 1384 sgg.). Non ometteranno parimenti di agire allo stesso modo per quanto concerne le pubblicazioni degli acattolici che su questo argomento siano destinate all’acquisto, alla lettura o alla vendita da parte dei cattolici.
Favoriranno poi diligentemente gli acattolici, che desiderano conoscere la fede cattolica, in tutto ciò che possa loro essere utile, designeranno persone ed Uffici che possano essere di aiuto e consiglio agli acattolici e faranno in modo che chi si sia già convertito alla fede possa ricorrervi, perché sia istruito con maggior cura e profondità nella fede cattolica, perché partecipi attivamente alla vita religiosa, soprattutto per mezzo di riunioni e conferenze, Esercizi Spirituali ed altre opere di pietà.

2. Per quanto concerne il modo e il criterio di procedere in quest’opera, i Vescovi prescriveranno ciò che si deve fare e ciò che si deve evitare, ed esigeranno che le loro prescrizioni siano da tutti osservate. Parimenti vigileranno perché, col pretesto che si dovrebbe dare maggiore considerazione a quanto ci unisce che a quanto ci separa dagli acattolici, non venga favorito l’indifferentismo, sempre pericoloso, specialmente presso coloro che sono poco istruiti nelle materie teologiche e poco praticanti la religione.
Si deve infatti evitare che, per uno spirito, chiamato oggi “irenico”, l’insegnamento cattolico (si tratti di dogma o di verità connesse col dogma) venga talmente conformato o accomodato con le dottrine dei dissidenti (e ciò col pretesto dello studio comparato e per il vano desiderio dell’assimilazione progressiva delle differenti professioni di fede) che ne abbia a soffrire la purezza della dottrina cattolica e ne venga oscurato il senso genuino e certo.
Si deve anche evitare quel modo di esprimersi, da cui hanno origine opinioni false e speranze fallaci, che non possono mai attuarsi; come per esempio, dicendo che non deve essere preso in tanta considerazione l’insegnamento dei Romani Pontefici, contenuto nelle encicliche, sul ritorno dei dissidenti alla Chiesa, sulla costituzione della Chiesa e sul Corpo Mistico di Cristo, perché non è tutto di fede, oppure (ancora peggio) perché in materia di dogmi nemmeno la Chiesa cattolica possiede più la pienezza del Cristo, ma essa può venire perfezionata dalle altre chiese.
Prenderanno diligenti precauzioni, e vi insisteranno con fermezza, perché nell’esporre la storia della Riforma o dei Riformatori, non siano così esagerati i difetti dei cattolici e invece così dissimulate le colpe dei riformati, oppure messi così in evidenza gli elementi piuttosto accidentali che a stento si riesca a scorgere e a sentire ciò che soprattutto è essenziale, cioè la definizione della fede cattolica.
Infine cureranno che, per zelo esagerato e falso o per imprudenza ed eccessivo ardore nell’azione, non si nuoccia invece di servire al fine proposto.
La dottrina cattolica dovrà dunque essere proposta ed esposta totalmente ed integralmente: non si dovrà affatto passare sotto silenzio o coprire con parole ambigue ciò che la verità cattolica insegna sulla vera natura e sui mezzi di giustificazione, sulla costituzione della Chiesa, sul primato di giurisdizione del Romano Pontefice, sull’unica vera unione che si compie col ritorno dei dissidenti all’unica vera Chiesa di Cristo.
Si insegni loro che essi, ritornando alla Chiesa, nessuna parte del bene che, per grazia di Dio, è finora nato in loro, ma che col loro ritorno questo bene sarà piuttosto completato e perfezionato. Non bisogna però parlare di questo argomento in modo tale che essi abbiano a credere di portare alla Chiesa, col loro ritorno, un elemento essenziale che ad essa sarebbe mancato fino al presente.
Queste cose devono essere dette chiaramente ed apertamente, sia perché essi cercano la verità, sia perché non si potrà ottenere una vera unione fuori della Chiesa. [...]

Data a Roma, dal Palazzo del Sant’Officio, il 20 Dicembre 1949
+ Francesco Card. Marchetti Selvaggiani, Segretario
Alfredo Ottaviani, Assessore.

giovedì 20 ottobre 2011

LA DOTTRINA CATTOLICA SULL'ECUMENISMO - 4

FUORI DELLA CHIESA NON C’È SALVEZZA



BOLLA “CANTATE DOMINO” 1442
Definizione dogmatica per i Giacobiti

“ [...] La Santa Chiesa Romana fermamente crede, professa e annunzia che non può divenire partecipe della vita eterna alcuno che sia fuori della Chiesa Cattolica, quindi non solo i pagani (Fulg. Rusp., De fide liber ad Petrum, c. 38, § 79), ma neppure i Giudei o gli eretici e gli scismatici; ma che andranno al fuoco eterno che è stato preparato per il diavolo e per gli angeli suoi (Mt. 25, 41), se prima non saranno stati aggregati alla Chiesa medesima [...] ”.
.

Il contenuto di questa Definizione dogmatica è esplicitato nella lettera che segue:

SUPREMA SACRA CONGREGAZIONE DEL SANT’UFFIZIO
Lettera all’Arcivescovo di Boston 1949

“ [...] Talvolta perché alcuno raggiunga la salvezza eterna, non si richiede sempre, che sia incorporato realmente alla Chiesa come membro, ma si richiede almeno, che aderisca ad essa con voto e desiderio. Non occorre sempre tuttavia che questo voto sia esplicito, come avviene nei catecumeni, ma quando un uomo si trova nell’ignoranza invincibile Dio accetta pure il voto implicito, chiamato così, perché esso è contenuto in quella buona disposizione dell’anima, per cui l’uomo vuole conformare la sua volontà alla volontà di Dio.
[Restano così riprovati] sia quelli, che escludono dalla salvezza eterna coloro che con solo voto implicito aderiscono alla Chiesa, sia quelli, che asseriscono falsamente che gli uomini si possono salvare ugualmente in ogni religione.
[...] E neppure si deve credere che basti qualsiasi voto di entrare nella Chiesa, perché l’uomo si salvi. Si richiede infatti che il voto, con il quale alcuno si rivolge alla Chiesa, sia informato da una perfetta carità; e neanche il voto implicito può avere effetto, se l’uomo non ha una fede soprannaturale (Heb. 11, 16; Conc. Trid., Sess. VI, c. 8) ”.

L’attuale disciplina rimane immutata rispetto alle disposizioni precedenti. Tuttavia, considerando la pratica diffusa di indire - anche da parte di alcuni ecclesiastici - riunioni con i rappresentanti delle comunità non cattoliche, si ritiene ci si debba attenere alla norma vigente, nell’attesa di un pronunciamento da parte della Sede Apostolica. Resta comunque proibita la partecipazione in sacris con gli scismatici, gli eretici e - a maggior ragione - i non cristiani, così come resta proibita la celebrazione di riti acattolici nelle chiese cattoliche (le quali, in caso contrario, perdono la consacrazione).

Quibuslibet contrariis minime obstantibus.

mercoledì 19 ottobre 2011

Che cos'è l'ecumenismo?

L’ecumenismo, parola derivante da “ecumenico”, ossia universale, viene adoperata nei tempi moderni per indicare ogni sorta di attività religiosa che non si limiti ai problemi interni di una Chiesa cristiana. Nel senso proprio ecumenismo è la teoria più recente escogitata dai movimenti interconfessionali, specialmente protestanti, per raggiungere l’unione delle Chiese cristiane.
L’ecumenismo presuppone come sua base l’eguaglianza di tutte le Chiese dinanzi al problema dell’unione.
Ciò sotto il triplice aspetto psicologico, storico ed escatologico:
a) psicologicamente tutte le Chiese devono riconoscersi ugualmente colpevoli della separazione, cosicché, invece di incolparsi l’una l’altra, ognuna ha da chiedere perdono;
b) storicamente nessuna Chiesa, dopo la separazione, può credersi la Chiesa unica e totale di Cristo, ma soltanto parte di quest’unica Chiesa: conseguentemente, nessuna può arrogarsi il diritto di obbligare le altre a ritornare a lei, bensì tutte debbono sentire l’obbligo di riunirsi tra loro, per ricostituire la Chiesa Una e Santa fondata dal Salvatore;
c) escatologicamente la Chiesa futura, risultante dall’unione, non potrà essere identica a nessuna delle Chiese ora esistenti. La Santa Chiesa ecumenica, che sorgerà in questa nuova Pentecoste, sorpasserà ugualmente tutte le singole confessioni cristiane.
Si vede subito che tali teorie sono in contrasto con la fede cattolica. Esse tuttavia offrono un certo vantaggio di ordine pratico, togliendo tra le varie Chiese ogni rivalità, e prospettando tutto l’arduo problema dell’unione in un piano senza ortodossi ed eretici, senza vincitori e senza vinti. Perciò si sono moltiplicate le riviste unionistiche con il titolo di Oecumenica; perfino le due più importanti associazioni internazionali unionistiche, Life and Work e Faith and Order, si sono fuse nel 1946 in una sola con il titolo “Concilio ecumenico”, il cui primo congresso venne celebrato ad Amsterdam dal 22 agosto al 5 settembre 1948.
Per i cattolici sono precluse le vie dell’ecumenismo nel senso originario del termine, principalmente dopo che il papa Pio XI nella sua enciclica Mortalium animos (6 gennaio 1928) e Pio XII nella Orientalis Ecclesiae (1944) hanno ribadito il genuino concetto dell’unità della Chiesa, e hanno tracciato il metodo da seguire per promuovere il ritorno dei dissidenti.
Scrive Pio XII (Orientalis Ecclesiae): «Non conduce al desideratissimo ritorno degli erranti figli alla sincera e giusta unità in Cristo, quella teoria che ponga a fondamento del concorde consenso dei fedeli solo quei capi di dottrina, sui quali o tutte o la maggior parte delle comunità, che si gloriano del nome cristiano, si trovino d’accordo, bensì l’altra che, senza eccettuarne né sminuirne alcuna, integralmente accoglie qualsiasi verità da Dio rivelata.»
Si aggiunga che la Congregazione del Sant’Uffizio, in data 5 giugno 1948, nel richiamare le prescrizioni canoniche che vietano le riunioni miste, dice che esse prescrizioni «maggiormente si devono osservare, quando si tratta dei cosiddetti convegni ecumenici a cui i cattolici, laici e chierici, non possono prender parte veruna senza previo consenso della Santa Sede.»
Queste direttive sono state confermate nell’Istruzione del Sant’Uffizio, del 20 dicembre 1949 sul “movimento ecumenico”. Tuttavia alcuni cattolici fautori del movimento unionista favoreggiano l’ecumenismo, non inteso alla maniera dei protestanti, ma come tattica che cerca i punti di contatto con i cristiani dissidenti, dai quali, secondo alcuni, i cattolici avrebbero diverse lezioni da imparare. Tutto questo sembra per lo meno inopportuno, poiché si presta a confusioni l’uso di un termine che, nel senso corrente, involge teorie anticattoliche.

Maurizio Gordillo

martedì 13 settembre 2011

Pio IX - Iam vos omnes (13 settembre 1868)

sulla esortazione, rivolta ai fratelli separati, a ritornare in seno alla vera Chiesa, in vista del Concilio Ecumenico Vaticano I

giovedì 8 settembre 2011

Pio IX - Arcano divinae (8 settembre 1868)

sulla esortazione a partecipare al Concilio Vaticano I rivolta ai Patriarchi delle Chiesa Orientali

san Pio X - Pascendi Dominici gregis (8 settembre 1907)

sugli errori ormai sostenuti anche da cattolici e da ecclesiatici e sulla condanna del modernismo e dei modernisti: sull’agnosticismo dei modernisti, sulla immanenza vitale dei modernisti, sulla coscienza religiosa dei modernisti, sulla storicità dei modernisti, sul sentimento religioso dei modernisti come base di ogni religione, sulla elaborazione intellettuale dei modernisti come fondamento della Fede, sulla connotazione precipuamente umana dei dogmi sostenuta dai modernisti, sulla mutabilità dei dogmi sostenuta dai modernisti, sulla Fede intesa dai modernisti come esperienza religiosa, sul sentimento religioso e sull’esperienza religiosa intese dai modernisti come fondanti ogni religione, sulla equivalenza delle religioni derivante dalle convinzioni moderniste, sulla identificazione dei modernisti tra Verità e vita vissuta, sulla mutua separazione tra Fede e scienza che per i modernisti non sono in opposizione anche quanto dissentono tra loro, sulla primazia della scienza in ordine alla comprensione della Fede che per i modernisti è umanamente soggetta alla ricerca scientifica, sulla critica alla Chiesa che per i modernisti non vuole adattare i suoi dogmi all’evoluzione del pensiero umano, sulla strumentalità delle formule di Fede che per i modernisti vanno soggette all’utilità umana, sulla evoluzione degli articoli di Fede e dei Sacramenti che per i modernisti sono soggetti all’esperienza vitale dell’uomo, sulla immanenza della Fede e del culto che per i modernisti mutano nel tempo e nello spazio, sulla dipendenza della ispirazione divina dall’esperineza religiosa che per i modernisti è formativa dei Libri sacri, degli articoli di Fede e del culto, sull’autorità e sul magistero della Chiesa che per i modernisti hanno fondamento nell’umana collettività e nella sua coscienza religiosa, sulla mutua separazione tra Chiesa e Stato che per i modernisti è tutt’uno con la separazione tra essere credenti ed essere cittadini, sulla primazia della conduzione umana dell’esistenza che per i modernisti è fondamento della autorità e del magistero della Chiesa, sulla primazia della evoluzione che per i modernisti regge anche la Rivelazione e la Religione, sulla Religione intesa dai modernisti come derivante dai mutevoli bisogni dell’uomo, sulla inevitabile mutabilità della Chiesa e dei suoi insegnamenti che secondo i modernisti dipendono dalla coscienza collettiva e dall’evoluzione umana, sulla immanenza vitale che per i modernisti regge la ricerca storica, filosofica e teologica, sulla inevitabilità che la ricerca dei modernisti sia di fatto una ricerca aprioristica, sulla erranza della ricerca moderna storica e filologica, sulla erranza della esegesi moderna dei testi scritturali, sulla erranza dei moderni apologisti che sono anch’essi figli del razionalismo, sulla erranza dei moderni apologisti che sono anch’essi convinti dell’immanenza della Religione, sulla smania di innovazione che pervade la mente dei modernisti, sulla condanna di coloro che vorrebbero introdurre nei seminari gli insegnamenti modernisti che sottomettono la teologia alla filosofia, sulle cause morali che generano il modernismo: aberrazione dell'intelletto, curiosità e superbia, sulle cause intelletuali che generano il modernismo: ignoranza, smania di novità, sull’obbligo che a fondamento degli studi sacri si ponga la filosofia scolastica, sulla esclusione dei modernisti dall’insegnamento e dall’ordinazione, sul bando degli scritti infetti da modernismo, sulla probizione dei congressi per sacerdoti tranne che non si trattino materie pertinenti, sulla istituzione del Consiglio di vigilanza diocesano per contrastare il modernismo

lunedì 22 agosto 2011

Pio XII - Humani generis (22 agosto 1950)

sui mali derivati dall’evoluzionismo, dal materialismo dialettico, dall'idealismo, dall'immanentismo, dal pragmatismo, dall’esistenzialismo e dallo storicismo, sul diffondersi del moderno irenismo, sulla diffusione degli errori moderni in seno al clero, sulla condanna dell’adeguamento dell’espressione dogmatica alle categorie della filosofia moderna, adeguamento che è di fatto un relativismo dogmatico, sulla sterilità della ricerca che prescinda dal sacro deposito della dottrina cattolica, sulla condanna della nuova esegesi, sui frutti velenosi prodotti dall’introduzione delle novità nella teologia, sulla ragione umana che non è in grado di assolvere al suo compito senza che sia debitamente nutrita dalla sana filosofia tradizionale della Chiesa, sulla impossibilità che vi sia contrasto tra la verità scoperta dalla mente umana e la verità acquisita per mezzo della Rivelazione, sulla necessità che i sacerdoti siano istruiti nelle scienze filosofiche secondo il metodo, la dottrina e i principi del Dottor Angelico, sulla condanna della confusione tra conoscenza per mezzo della ragione e atto della volontà, sulla impossibilità che il Magistero ammetta le concezioni filosofiche che contrastino direttamente o indirettamente con la dottrina rivelata, sulla cautela necessaria nell’adesione alle teorie evoluzioniste, sul pericolo che si diffondino errate concezioni in seno al clero e alle persone imprudenti, sulla falsità del convincimento che si possa ottenere un felice ritorno nel seno della Chiesa dei dissidenti e degli erranti, se non si insegna a tutti, sinceramente, tutta la verità in vigore nella Chiesa, senza alcuna corruzione e senza alcuna diminuzione

mercoledì 10 agosto 2011

Pio IX - Quanto conficiamur (10 agosto 1863)

sulla lotta alla Chiesa nel tempo moderno, sui mali del tempo moderno, sulla opportunità di ribadire le condanne precedenti, sulla impossibilità di salvezza per i cattolici che vivono lontani dalla vera fede e dall’unità cattolica, sulla necessità che i figli della Chiesa aiutino e non siano nemici di coloro che stanno fuori dalla Chiesa, sull’errore dell’egoismo moderno, sugli attacchi di certi ecclesiastici contro la Santa Sede, sulla condanna di Società, del tutto condannabili, che vanno sotto il nome di Clerico-liberali, di Mutuo Soccorso, di Emancipatrice del Clero Italiano (così comunemente chiamate) e altre ancora

mercoledì 29 giugno 2011

Pio XII - Mystici Corporis (29 giugno 1943)

sulla Chiesa dispregiata, osteggiata, calunniata e ignorata; sui gravi errori che si diffondono anche tra i fedeli e che deviano le menti dal retto sentiero della verità; sulla maggiore diffusione del falso razionalismo e del falso misticismo; sulla Chiesa di Cristo che è la Chiesa Santa, Cattolica, Apostolica, Romana; sulla Chiesa come corpo visibile e non invisibile; sulla Chiesa come corpo organico le cui membra sono costituite da tutti i componenti chierici e laici; sulla corretta individuazione dei membri della Chiesa che sono esclusivamente i rigenerati e i professanti la vera Fede e non i separati, né gli allontanati; sulla Chiesa costituita direttamente da Gesú Cristo che ne è il Capo; sul governo della Chiesa assolto da Cristo in maniera invisibile, da Sé stesso, e in maniera visibile, mediante il Suo Vicario in terra; sui Vescovi che sono i capi delle loro diocesi sottoposti alla debita autorità del Romano Pontefice; sui rapporti fra il Capo e le membra della Chiesa; sulla spiegazione della denominazione di Corpo Mistico; sulla differenza fra società soprannaturale che è la Chiesa e società umana; sull’errore di coloro che pensano la Chiesa come società ideale di carità; sulla società perfetta che è la Chiesa e che si manifesta esternamente con la comunione nei Sacramenti, nel Sacrificio e nelle stesse leggi nonché nella stessa Fede, Speranza e Carità; sulla comunione del Corpo Mistico intorno alla santa Eucarestia; sulla condanna dell’opinione che confonde in una stessa persona fisica il divin Redentore e le membra della Chiesa; sulla condanna dell’opinione con la quale tutta la vita spirituale dei cristiani e il loro progresso nella virtù vengono attribuiti unicamente all’azione del divino Spirito, escludendo cioè e tralasciando da parte la nostra debita cooperazione; sulla condanna dell’opinione che abbiano efficacia solo le preghiere pubbliche della Chiesa e non le preghiere private; sulla condanna dell’opinione che le preghiere vadano indirizzate solo a Dio e non anche a Gesú Cristo; sulla necessità di pregare anche per tutti coloro che si sono allontanati dalla Chiesa perché vi rientrino

venerdì 13 maggio 2011

Pio IX - Omnem sollicitudinem (13 maggio 1874)

sulla condanna delle innovazioni liturgiche proposte da alcuni ecclesiastici ruteni con la scusa di ricondurre alla purezza delle origini i riti orientali

domenica 8 maggio 2011

Gregorio XVI - Inter praecipuas (8 maggio 1844)

sulla condanna delle Società Bibliche e dell’associazione americana Alleanza Cristiana, che diffondono traduzioni in volgare della Bibbia, erronee e corrotte

sabato 9 aprile 2011

PIO XII: ORIENTALIS ECCLESIAE

PIO XII

LETTERA ENCICLICA

ORIENTALIS ECCLESIAE (1)

S. CIRILLO DI ALESSANDRIA
NEL XV CENTENARIO DELLA MORTE



Sempre con somme lodi la chiesa esaltò s. Cirillo patriarca di Alessandria quale autentica gloria della chiesa orientale e preclarissimo vindice della vergine Madre di Dio. Queste lodi Ci piace ora in succinto riandare scrivendo di lui, mentre si compie il XV secolo da quando felicemente egli mutò con la patria celeste questo terreno esilio. Fino dai suoi tempi infatti il Nostro predecessore s. Celestino I lo chiama «buon difensore della fede cattolica»,(2) «sacerdote degno della massima approvazione»,(3) e «uomo apostolico».(4) Il concilio ecumenico Calcedonese poi non solo invoca in aiuto la sua dottrina per ravvisare e ribattere i nuovi errori, ma non esita a paragonarla altresì con la sapienza di san Leone Magno,(5) il quale a sua volta elogia gli scritti di un così grande dottore e ne raccomanda la lettura, precisamente perché appieno combaciano con la fede dei santi padri.(6) Né minore venerazione il quinto concilio ecumenico radunato a Costantinopoli tributò all'autorità di s. Cirillo;(7) e più tardi, a distanza cioè di parecchi anni, quando si dibatteva la controversia delle due volontà in Cristo, di nuovo la dottrina di lui sia nel primo concilio Lateranense,(8) sia nel sesto concilio ecumenico, fu meritatamente e vittoriosamente rivendicata dagli errori dei monoteliti, dei quali a torto alcuni l'accusavano d'essere infetta. E invero, a testimonianza dell'altro santissimo predecessore Nostro Agatone, egli «fu difensore di verità»(9) e risultò «costantissimo predicatore di fede ortodossa».(10)

Riteniamo pertanto cosa molto opportuna, scrivendone brevemente, di porre la vita integerrima, la fede, la virtù sua sotto gli occhi di tutti, e prima che ad ogni altro sotto gli occhi di coloro i quali, per appartenere alla chiesa orientale, ben a ragione si gloriano di questo luminare di cristiana sapienza e di questo atleta di apostolica fortezza. Ebbe onorati natali, e promosso nell'anno 412, come si ha per tradizione, alla sede di Alessandria, dapprima combatté contro i novaziani e gli altri detrattori e corruttori della genuina fede, tanto con la parola, quanto con gli scritti e la pubblicazione di appositi decreti, mostrandosi d'una vigilanza e d'un coraggio a tutta prova. Poi, al serpeggiare dell'empia eresia di Nestorio per le varie regioni dell'oriente, da quel sollecito pastore che era, subito scoprì i novelli errori che imperversavano, usò ogni mezzo per allontanarli dal gregge a lui affidato, e durante quel periodo di tempo, ma specialmente nello svolgersi del concilio di Efeso, si dimostrò invitto assertore e sapientissimo dottore della divina maternità di Maria vergine, dell'unità d'ipostasi in Cristo e del primato del romano pontefice. Avendo però l'immediato Nostro predecessore di fel. mem. Pio XI nell'enciclica Lux veritatis(11) magistralmente descritta e illustrata la parte precipua che ebbe s. Cirillo nelle vicende di questa gravissima vertenza, allorché nel 1931 ricorse il XV centenario di quel concilio, reputiamo superfluo il ritornarvi sopra punto per punto.

Non si tenne pago Cirillo di combattere strenuamente contro le dilaganti eresie, di tutelare con alacre diligenza l'interezza della dottrina cattolica e di farla risaltare nella meridiana sua luce, ma quanto più poté si adoperò per richiamare sul retto sentiero della verità i fratelli erranti. I vescovi infatti della regione antiochena non avevano fino allora riconosciuta l'autorità del concilio di Efeso. Ebbene, Cirillo col suo zelo fece sì che dopo lunghi tentennamenti arrivassero finalmente a piena concordia. E dopo che con l'aiuto di Dio poté raggiungere e conciliare siffatta felicissima pace, e difenderla con diligente cura contro quanti la oscuravano e la turbavano, ormai maturo per la ricompensa e la gloria eterna, nell'anno 444, tra le lacrime di tutti i buoni, se né volò al cielo.

I fedeli di rito orientale non solo lo collocano nel numero dei «padri ecumenici», ma nelle loro preci liturgiche l'onorano dei più ampi elogi. Così per esempio i greci, nei «Menèi» da celebrarsi il giorno 9 di giugno, cantano di lui: «Illustrato la mente dalle fiamme dello Spirito Santo, quasi sole che dardeggi i suoi raggi, esprimesti gli oracoli tuoi; lanciasti i tuoi dogmi su tutte le parti del mondo fedele, illuminando ogni condizione di persone, o beatissimo, o divino; e mettesti in fuga le tenebre delle eresie, con la potenza e le forze di Colui, che nato dalla Vergine sfolgorò i suoi splendori». Certamente hanno ben ragione i figli della chiesa orientale di rallegrarsi di questo santissimo Padre, come d'insigne loro gloria domestica. Perché su di esso risplendono in modo particolare quelle tre doti dell'animo che parimente tanto illustrarono gli altri padri dell'oriente: cioè una esimia santità di vita, in cui nominatamente brilla una calda devozione verso l'eccelsa Madre di Dio; una dottrina veramente ammirevole, per la quale la Sacra Congregazione dei Riti con decreto del 28 luglio 1882 lo dichiarò dottore della chiesa universale; e una premurosa e indefessa sollecitudine, in virtù della quale infranse con invitto coraggio gli assalti degli eretici, asserì la fede cattolica, la difese, e instancabilmente, fin dove poté, la propagò.

Mentre tuttavia di gran cuore Ci congratuliamo che tutti i popoli cristiani dell'oriente onorino con intensa venerazione s. Cirillo, non meno Ci addolora che non tutti convengano in quella desideratissima unità, la quale egli così ardentemente amò e promosse. Tanto più anzi Ci duole che ciò accada a questi nostri tempi in cui si rende necessario che tutti i cristiani, a gara unendo intenzioni ed energie, si stringano nell'unica chiesa di Gesù Cristo, affinché quasi uniti in una sola falange, compatta, concorde, stabile, resistano contro gli sforzi dell'empietà ogni giorno più minacciosi.

Per conseguire tale effetto, è assolutamente necessario che tutti, seguendo le orme di s. Cirillo, raggiungano quella concordia di animi, che dev'essere munita di quel triplice legame con cui Cristo Gesù, fondatore della chiesa, volle che essa fosse stretta e tenuta insieme, quasi in superno infrangibile vincolo, da lui stabilito; vale a dire nell'unica fede cattolica, nell'unica carità verso Dio e verso tutti, e infine nell'unica obbedietlza e soggezione alla legittima gerarchia costituita dal divin Redentore medesimo. Questi tre vincoli, come ben sapete, venerabili fratelli, sono tanto necessari, che se l'uno o l'altro di essi viene a mancare, non si può più neppure comprendere nella chiesa di Cristo vera unità e concordia.



I

Allo scopo di conseguire volenterosamente e di conservare con vigoria questa sincera concordia, desideriamo che, come fu già per i tempestosi suoi tempi, così anche per i giorni nostri il santo patriarca di Alessandria sia a tutti maestro e modello preclarissimo. Volendo incominciare dall'unità della fede cristiana, nessuno ignora l'inconcussa alacrità sua nel sostenerla con somma energia. «Noi - così egli dichiara - che abbiamo per amica la verità e i dogmi della verità, non seguiremo affatto gli eretici, ma calcando le vestigia della fede lasciataci dai santi padri, custodiremo contro tutti gli errori il deposito della divina rivelazione».(12) Pur di combattere sino alla morte questa buona battaglia, era pronto a sopportare qualsiasi più acerba calamità. «Il mio più ardente desiderio - egli scrive - è di patire e morire per la fede di Cristo».(13) «Nessuna ingiuria pertanto, nessuna contumelia, nessun insulto mi muove... sol che la fede ne esca sana e salva».(14) E anelando con forte e nobile cuore alla palma del martirio, vergò queste magnanime parole: «Ho deciso per la fede di Cristo di andare incontro a qualsiasi travaglio, di sopportare altresì qualsiasi tormento, anche quelli che fra i supplizi sono giudicati i più gravi, finché non abbia alla fine sostenuta la morte che gioiosamente accetterò per questa causa».(15) «Perché, se avessimo paura di predicare per la gloria di Dio la verità, per non incorrere in qualche molestia, con qual faccia, di grazia, potremmo presso il popolo esaltare le lotte e i trionfi dei santi martiri?».(16)

E poiché nei cenobi dell'Egitto si agitavano a più riprese acerrime dispute sulla nuova eresia nestoriana, egli, da vigilantissimo pastore, avverte i monaci delle pericolose fallacie di tale dottrina, non per aggiungere esca a contrastanti competizioni di parole, «ma perché se mai alcuni, - così loro scrive - v'investissero, possiate non solo scansare voi stessi quei perniciosi errori, ma opponendo alla loro frivolezza la verità, possiate altresì indurre gli altri, da buoni fratelli e con opportune ragioni, a conservare costantemente, qual preziosa perla, la fede, già un tempo trasmessa alle chiese per mezzo dei santi apostoli».(17) Come facilmente riscontreranno tutti coloro, i quali abbiano studiate le lettere ch'egli ebbe a inviare riguardo alla controversia degli antioeheni, mette luminosamente in rilievo che questa fede cristiana, la quale devesi da noi salvare e difendere a tutti i costi, è dottrina trasmessaci per il tramite della sacra Scrittura e dei santi padri,(18) e al tempo stesso ci viene chiaramente e legittimamente proposta dal vivo e infallibile magistero della chiesa. I vescovi della provincia di Antiochia per il ristabilimento e la conservazione della pace pensavano che fosse sufficiente l'affermarsi soltanto sulla professione nicena. Invece s. Cirillo, pur fermamente aderendo al Simbolo di Nicea, richiese ancora dai suoi confratelli nell'episcopato, per il rafforzamento dell'unità, la riprovazione e la condanna dell'eresia nestoriana. Sapeva infatti benissimo che non basta accettare con docilità gli antichi documenti del magistero ecclesiastico, ma che occorre in più abbracciare con fedele sottomissione di cuore tutte quelle definizioni che dalla chiesa in forza della sua suprema autorità di tempo in tempo ci siano proposte a credere. Anzi, non è lecito, neppure sotto il pretesto di rendere più agevole la concordia, dissimulare neanche un dogma solo; giacché, come ammonisce il patriarca alessandrino: «Desiderare la pace è certamente il più grande e il primo dei beni, ma però non si deve per siffatto motivo permettere che ne vada di mezzo la virtù della pietà in Cristo».(19) Perciò non conduce al desideratissimo ritorno dei figli erranti alla sincera e giusta unità in Cristo, quella teoria, che ponga a fondamento del concorde consenso dei fedeli solo quei capi di dottrina, sui quali o tutte o almeno la maggior parte delle comunità, che si gloriano del nome cristiano, si trovino d'accordo, ma bensì l'altra che, senza eccettuarne né sminuirne alcuna, integralmente accoglie qualsiasi verità da Dio rivelata.

Per questa strenua fortezza nel conservare e proteggere l'unità della fede, s. Cirillo Alessandrino sia a tutti d'esempio. Appena scoprì l'errore di Nestorio, per mezzo di lettere e di altri scritti lo confutò, ricorse al romano pontefice, e nel concilio di Efeso, come suo rappresentante, con ammirevole apparato di dottrina e intrepido cuore represse e condannò l'eresia che si era insinuata, in modo che tutti i padri conciliari, letta nell'adunanza la lettera di Cirillo che suol chiamarsi dogmatica, con solenne deliberazione la dichiararono pienamente consona alla rettitudine della fede. Oltre a ciò, per questa sua apostolica fortezza, fu iniquamente cacciato dall'ufficio episcopale, e sostenne con invitta serenità le ingiurie dei confratelli, il biasimo di un illegittimo conciliabolo, prigionie e angosce non poche. Né questo bastandogli, non esitò, per il coscienzioso adempimento del proprio santissimo ufficio, di opporsi apertamente, non solo ai vescovi che si erano allontanati dalla retta via della verità e della concordia, ma alla stessa augusta persona dell'imperatore. E inoltre, come tutti sanno, ad alimento e sostegno della fede cristiana, compose quasi innumerabili libri, dai quali splendidamente si riverberano la sua luce di sapienza, l'imperterrita sua costanza e la solerzia della sua pastorale sollecitudine.



II

Alla fede è necessario che si unisca in bell'intreccio la carità. Per essa veniamo tutti congiunti gli uni agli altri e con Cristo. Essa, ispirata e mossa dallo Spirito Santo, stringe tra loro con infrangibile vincolo le membra del corpo mistico del Redentore. Pertanto questa carità non deve rifiutare di aprire le braccia in fraterno amplesso anche agli erranti che hanno sbagliato la retta strada: cosa della quale è dato scorgere insigne esempio nel modo di procedere, tenuto da s. Cirillo. Egli infatti, per quanto avesse con tutta la forza combattuta l'eresia di Nestorio, tuttavia, animato com'era di accesa carità, afferma di non permettere a nessuno di professarsi più amante di Nestorio, di lui stesso.(20) Né ciò è senza un perché. I traviati e, gli erranti sono da ritenersi come fratelli malati, e debbono essere trattati con dolcezza e delicata premura. Sul qual proposito giova rievocare questi prudentissimi consigli del santo patriarca di Alessandria. «La cosa - egli avverte - ha bisogno di grande moderazione».(21) «Perché la durezza del disputare spinge spesso non pochi a impudenza, ed è meglio con dolcezza sopportare le altrui resistenze, piuttosto che a punta di diritto creare loro molestia. Come, qualora si sia ammalata qualche parte del loro corpo, bisogna esaminarla con la mano, alla stessa maniera è necessario soccorrere l'anima caduta inferma, servendosi della debita prudenza a guisa di medicina. Così, essi pure giungeranno passo per passo a un regolare comportamento di spirito».(22) Altrove poi soggiunge: «Abbiamo imitato l'arte dei bravi medici: non subito col fuoco e col ferro spietatamente curano i morbi e le piaghe appena apparse sui corpi umani; ma spalmata dapprima la piaga con leggero fomento, rimettono l'ustione e il taglio al momento opportuno».(23) Era insomma, riguardo agli erranti, animato da compassionevole benignità, tanto da dichiarare esplicitamente «di essere desiderosissimo di pace, e insieme totalmente alieno da rissosi litigi; tale in una parola da accogliere in cuore questa duplice brama: amare tutti ed essere a sua volta da tutti riamato».(24)

Questa incline disposizione alla concordia rifulge nel santo dottore principalmente quando, dopo la mitigazione dell'anteriore severità, attese con volenterosa diligenza a indurre alla pace i vescovi della provincia antiochena. Parlando del loro legato, scrive tra le altre cose: «Forse sospettava di dover andare incontro a lotte non piccole per convincerci della necessità di congiungere le chiese in una pace concorde, per eliminare il dileggio degli eterodossi e reprimere la coalizione della diabolica protervia. Ma ebbe a trovarci talmente disposti a tale parere, da non doverne affatto risentire travaglio alcuno. Ricordiamo benissimo il detto del nostro Salvatore: "Vi do la mia pace, vi lascio la mia pace".(25) Siccome nondimeno alla stipulazione di questa pace erano d'ostacolo i dodici capitoli, da san Cirillo composti nel sinodo di Alessandria - i quali capitoli, perché parlavano di «unione fisica» in Cristo, venivano respinti dagli antiocheni come eterodossi - il benignissimo patriarca, pur non riprovando né sconfessando questi scritti, perché in realtà proponevano la dottrina ortodossa, tuttavia in parecchie lettere spiegò meglio la sua intenzione, in modo da rimuovere qualsiasi anche minima parvenza d'errore, e da appianare più facilmente la via alla concordia. Ciò pertanto egli rese noto ai vescovi, «non già come a oppositori, ma come a fratelli».(26) Giacché a suo giudizio, «per la pace delle chiese e affinché queste a causa delle opinioni dissenzienti non restino separate le une dalle altre, sono tutt'altro che inutili le accondiscendenze».(27) E così felicemente avvenne che la carità di s. Cirillo raccogliesse in abbondanza i desideratissimi frutti della pace. E quando finalmente ne poté scorgere i primi albori e pregustò la gioia del fraterno abbraccio ai vescovi della provincia d'Antiochia risolutisi a condannare l'eresia nestoriana, nella ridondanza della celeste soddisfazione, esclamò: «"Si allietino i cieli ed esulti la terra!" È distrutta la parete interna di separazione; ciò che arrecava mestizia si è quietato; ogni occasione di dissidio è tolta di mezzo, dal momento che Cristo, Salvatore di noi tutti, ha concesso alle sue chiese la pace».(28)

Purtroppo, come in quel lontanissimo tempo, così anche al presente, venerabili fratelli, per promuovere quell'auspicabile conciliazione dei figli dissidenti nell'unica chiesa di Cristo, conciliazione alla quale tutti i buoni anelano, senza dubbio una sincera ed efficace benevolenza d'animo apporterà, col favore della divina grazia, il più valido contributo. Questo benevolo affetto infatti riscalda la mutua conoscenza. Per promuoverla e completarla i Nostri predecessori con svariati mezzi vi si adoperarono, nominatamente con la fondazione in quest'alma città del Pontificio Istituto di alti studi orientali. Così pure bisogna tenere nel debito conto tutto ciò che costituisce per gli orientali quasi un geloso patrimonio lasciato dai loro maggiori, e insieme ciò che si riferisce alla sacra liturgia e agli ordini gerarchici, nonché agli altri capisaldi della vita cristiana, a patto ben inteso, che tutto concordi pienamente con la genuina fede religiosa e con le rette norme dei costumi. È necessario infatti che tutti e singoli i popoli di rito orientale in tutto quello che dipende dalla storia, dal genio e dall'indole di ciascuno in particolare, abbiano una legittima libertà che pur tuttavia non contrasti con la vera e integra dottrina di Gesù Cristo. E questo lo sappiano e vi riflettano a fondo, sia coloro che sono nati nel grembo della chiesa cattolica, sia gli altri che con le ali del desiderio veleggiano alla sua volta. Anzi si persuadano tutti e tengano per certo che non saranno mai costretti a mutare i loro legittimi riti e le loro antiche istituzioni con le istituzioni e i riti latini. Gli uni e gli altri debbono essere tenuti in uguale stima e uguale lustro, perché incoronano di regale varietà la chiesa madre comune. Né solo questo; ma siffatta diversità di riti e di istituzioni, mentre conserva intatto e inviolabile ciò che per ciascuna confessione è antico e prezioso, non si oppone affatto alla vera e sostanziale unità. Più che mai ai nostri giorni, dopoché la discordia e le competizioni della guerra quasi dappertutto hanno alienato gli uni dagli altri gli animi umani, occorre che tutti, mossi dalla cristiana carità, siano sempre più spinti a ripristinare con ogni mezzo l'unione in Cristo e per Cristo.



III

L'effetto peraltro della fede e della carità si rivelerebbe addirittura manchevole e inefficace allo scopo di rassodare l'unità nel Signore nostro Gesù Cristo, se non si appoggiasse a quella inconcussa pietra sopra la quale è stata da Dio fondata la chiesa: vale a dire nella suprema autorità di Pietro e dei suoi successori. La regola di condotta tenuta in questa gravissima controversia dal patriarca alessandrino luminosamente lo prova. Tanto nella sconfitta dell'eresia nestoriana quanto nell'accordo coi vescovi della provincia antiochena, egli si attenne alla più stretta e costante unione con questa apostolica sede. Quando infatti il vigilante presule si accorse che gli errori di Nestorio, con rischio della retta fede di giorno in giorno più pericolosi, s'insinuavano e progredivano per ogni parte, si rivolse al predecessore Nostro s. Celestino I, con una lettera, nella quale tra l'altro si legge: «Poiché Dio, in siffatte questioni, esige da noi vigilanza, e una vetusta consuetudine delle chiese ci persuade a comunicare simili questioni con la santità tua, ti scrivo, indottovi dalla stringente necessità».(29) Alle quali parole risponde il romano pontefice che intende abbracciarlo «come se fosse presente nella sua lettera ... molto più che gli sembra di riscontrare in lui i suoi identici sentimenti nel Signore».(30) Perciò il sommo pontefice a questo così ortodosso dottore delegò l'autorità dell'apostolica sede, in forza della quale autorità doveva curare l'esecuzione dei decreti già emessi nel sinodo romano contro Nestorio. A tutti poi è noto, venerabili fratelli, che il santo patriarca d'Alessandria nella celebrazione del concilio di Efeso tenne legalmente le veci del romano pontefice, il quale inoltre vi inviò i suoi propri legati, e loro raccomandò soprattutto che avvalorassero l'opera e l'autorità di s. Cirillo. Egli pertanto in nome del vescovo di Roma presiede a quel sacro concilio e primo fra tutti ne firmò gli atti. Tanto palesemente splendeva agli occhi d'ognuno la concordia fra la sede apostolica e la sede alessandrina, che nella seconda sessione del concilio, quando pubblicamente fu letta la lettera di s. Celestino, i padri uscirono nelle seguenti acclamazioni: «Giusto giudizio questo. Al novello Paolo Celestino, al novello Paolo Cirillo, a Celestino custode della fede, a Celestino concorde col concilio, a Celestino l'intero concilio rende grazie. Uno Celestino, uno Cirillo, una la fede dell'orbe terracqueo».(31) Nessuna meraviglia quindi se poco dopo lo stesso Cirillo poté scrivere: «Alla rettitudine della sua fede rese testimonianza sia la chiesa di Roma, sia il santo concilio, adunato, per così dire, dall'universalità dell'orbe che si stende sotto il cielo».(32)

Oltre a ciò, questa medesima unione costantissima di s. Cirillo con la sede apostolica risulta evidente, se poniamo mente al suo modo di procedere nelle trattative per l'inizio e il rafforzamento della pace coi vescovi della provincia antiochena. Il Nostro predecessore s. Celestino sebbene approvasse e confermasse tutto quello che il presule alessandrino aveva fatto nel concilio di Efeso, giudicò nondimeno di doverne eccettuare la sentenza di scomunica, che il presidente del concilio insieme con gli altri padri aveva pronunziata contro gli antiocheni. «Riguardo a quelli - così il romano pontefice - che sembrano consentire nella stessa empietà di Nestorio... per quanto si legga contro di essi la sentenza vostra, purtuttavia noi pure stabiliamo quel che ci sembra opportuno. In siffatte cause molte circostanze bisogna considerare, ché la sede apostolica sempre suole tenere presenti.... Se dà speranza di correzione, vogliamo che la vostra fraternità s'intenda per lettera con l'Antiocheno... Giova aspettarsi dalla divina misericordia che tutti tornino sulla via del vero».(33) E s. Cirillo, obbedendo a questa norma, suggeritagli dalla sede romana, cominciò a trattare coi vescovi della provincia antiochena del ristabilimento della pace e del modo di venire a un accordo. Frattanto s. Celestino passò piamente da questa vita. Allora avvenne che del suo successore Sisto III alcuni prendessero a riferire non essergli piaciuto che Nestorio fosse stato deposto. A queste voci il patriarca d'Alessandria tagliò corto con la seguente dichiarazione: «Ha scritto (Sisto) in piena armonia col santo concilio, ha confermato tutte le sue decisioni e sta dalla parte nostra».(34)

Da tutto quello che abbiamo qui riportato risulta a evidenza che s. Cirillo appieno consentì con questa apostolica sede, e risulta del pari che i Nostri antecessori ritennero per propri gli atti di lui e li onorarono di meritate lodi. Prova ne sia che s. Celestino, non contento di avergli attestato innumerevoli volte la fiducia e la gratitudine sua, gli scriveva tra l'altro così: «Ci congratuliamo della vigilanza che nella santità tua è tanta, da sorpassare ormai gli esempi dei tuoi predecessori, i quali essi pure difesero sempre strenuamente i dogmi dell'ortodossia... Hai scoperto tutte le fallacie della più scaltra predicazione... Ridonda a non piccolo trionfo della nostra fede non solo l'esserti affermato con tanta fortezza sui nostri capisaldi, ma l'avere controbattuto gli avversari così come hai fatto con l'appoggio della sacra Scrittura».(35) Allorché poi s. Sisto III, successore di Celestino nel supremo pontificato, ebbe ricevuto dal patriarca d'Alessandria l'annunzio della pace e dell'unità raggiunta, gli espresse la sua letizia nei termini seguenti: «Ecco che mentre stavamo in ansia, perché vogliamo che nessuno perisca, la santità tua con la sua lettera ci significa redintegrato il corpo della chiesa. Ritornate le sue compagini nelle proprie membra, nessuno più vediamo andare errando al di fuori, perché un'unica fede attesta che tutti stanno al loro posto di dentro. ... Al beato apostolo Pietro ha fatto capo la fratellanza universale: ecco qui un ascoltatorio che si confà agli ascoltatori, che conviene alle cose da ascoltare. ... A noi sono tornati i fratelli, a noi, dico, che perseguendo per comune desiderio il morbo, abbiamo curato la guarigione delle anime. ... Esulta, fratello carissimo, e quale vincitore rallegrati perché i fratelli si sono a noi ricongiunti. La chiesa ha accolto finalmente coloro che ricercava. Poiché se nessuno vogliamo che perisca dei piccoli, quanto più dobbiamo godere della guarigione dei reggitori».(36) Dalle quali parole dell'antecessore consolato, il presule Alessandrino, vindice invitto della fede ortodossa e artefice premurosissimo della cristiana concordia, riposò nella pace di Cristo.

Noi pertanto, venerabili fratelli, nel celebrare la memoria quindici volte centenaria di questo avvenimento, niente desideriamo e auguriamo più vivamente, se non che quanti si fregiano del nome cristiano, col patrocinio e l'esempio di s. Cirillo promuovano ogni giorno più il ritorno dei fratelli orientali dissidenti, a Noi e all'unica chiesa di Gesù Cristo. Unica sia per tutti l'intemeratezza della fede, unica la carità che tutti insieme ci saldi nel mistico corpo di Gesù Cristo, unica infine e premurosamente attiva la fedeltà alla sede del beato Pietro. A quest'opera degna e meritevolissima non solo impieghino tutte le loro forze coloro che vivono in oriente, i quali con la mutua stima, col benevolo tratto, con l'esempio dei costumi integerrimi, più facilmente potranno attrarre all'unità della chiesa i fratelli separati, e più degli altri i sacri ministri; ma tutti altresì i fedeli, implorando da Dio con le preghiere l'unità del regno del divin Redentore in ogni parte del mondo, e l'unità dell'universale ovile. A tutti costoro raccomandiamo anzitutto quel validissimo concorso e aiuto, che in qualsiasi iniziativa da intraprendere a salute delle anime, deve essere primo di tempo e precipuo d'efficacia: la preghiera, vogliamo dire, rivolta a Dio con cuore umile e fiducioso. Desideriamo poi che s'interponga il potentissimo patrocinio della vergine Genitrice di Dio, affinché per la mediazione di questa benignissima e amantissima Madre di tutti, il divino Spirito illumini con la sua superna luce l'animo degli orientali, sì che tutti siamo una cosa sola nell'unica chiesa, da Gesù Cristo fondata, e dallo stesso Spirito paraclito nutrita con incessante pioggia di grazie e sospinta verso la santità. A quelli poi che vivono nei seminari o in altri collegi, in modo speciale intendiamo raccomandare la «Giornata pro Oriente». In quel giorno s'innalzino più ardenti preghiere al divino Pastore della chiesa universale, é con crescente premura si stimolino i giovani al desiderio di vedere raggiunta questa santissima unità. Tutti infine coloro che, o insigniti degli ordini sacri, o ascritti all'Azione cattolica e alle altre associazioni, aiutano l'opera gerarchica del clero sia con la preghiera, sia con gli scritti, sia con la parola, promuovano quanto meglio possono la desideratissima unione degli orientali tutti quanti col pastore comune.

Faccia Iddio che questo Nostro paterno invito sia ascoltato con buone disposizioni anche da quei vescovi dissidenti e dai loro greggi, i quali, per quanto separati da Noi, encomiano e venerano tuttavia come domestica loro gloria il Patriarca d'Alessandria. Sia per essi questo preclarissimo dottore maestro ed esempio a restaurare di nuovo la concordia con quel triplice vincolo, che egli, come cosa assolutamente necessaria, raccomandò tanto, e col quale il divino Fondatore della chiesa volle che i suoi figli si sentissero avvinti. Si ricordino inoltre che Noi oggi, per disposizione della divina Provvidenza, occupiamo quell'apostolica sede, alla quale il presule alessandrino, spintovi dalla responsabilità del proprio ufficio, si rivolse, sia per difendere contro gli errori di Nestorio con armi sicure la fede ortodossa, sia altresì perché l'ottenuto pacifico consenso dei confratelli prima dissidenti fosse poi ratificato quasi da sigillo divino. Sappiano anche che Noi siamo mossi dalla stessa carità dei Nostri predecessori e che a questo soprattutto con preghiere assidue tendiamo che, cioè, tolti felicemente di mezzo gli ostacoli inveterati, spunti alfine il sospirato giorno in cui l'intero gregge si trovi raccolto nell'unico ovile sotto la concorde e volenterosa dipendenza da Gesù Cristo nostro Signore e dal suo vicario in terra.

In particolare maniera poi Ci rivolgiamo a quei figli dissidenti tra gli orientali che, mentre venerano moltissimo s. Cirillo, tuttavia non ammettono l'autorità del concilio Calcedonese, perché in esso fu solennemente definita la duplice natura nella persona di Gesù Cristo. Riflettano costoro che il Patriarca d'Alessandria non si oppone con la sua sentenza alle deliberazioni, le quali di poi al sorgere di nuovi errori furono dallo stesso concilio di Calcedonia stabilite. Infatti apertamente egli scrive: «Non tutto quello che gli eretici dicono, si deve subito scartare e ripudiare: molte cose professano di quelle che noi pure ammettiamo... Ciò vale anche riguardo a Nestorio; sebbene egli affermi le due nature a significare la differenza dell'umanità e della divinità nel Verbo: e invero altra è la natura del Verbo, altra quella dell'uomo: tuttavia non professa l'unione con noi».(37)

Similmente giova sperare che anche gli odierni seguaci di Nestorio se, senza lasciarsi prendere la mano da pregiudicate opinioni, sottopongono ad attento esame gli scritti di s. Cirillo, siano per vedersi aperta la strada alla verità, e per sentirsi richiamare con l'aiuto della grazia divina al grembo della chiesa cattolica.

Niente altro ormai Ci resta, venerabili fratelli, se non implorare con le supplici Nostre preghiere, durante questo XV centenario di s. Cirillo, sulla chiesa tutta, ma specialmente su quelli che in oriente si gloriano del nome cristiano, il propizio patrocinio di questo santo dottore, domandando soprattutto che nei fratelli e nei figli dissidenti felicemente si compia ciò che egli un giorno congratulandosi scrisse: «Ecco che le membra avulse del coro della chiesa di nuovo si sono tra loro riunite, e nulla ormai più rimane che per discordia divida i ministri dell'evangelo di Cristo».(38)

Sostenuti da questa soavissima speranza, sia voi tutti e singolarmente, venerabili fratelli, sia al gregge a ciascuno di voi affidato, in auspicio dei celesti favori, e in attestato della paterna Nostra benevolenza, impartiamo con ogni affetto nel Signore l'apostolica benedizione.

Roma, presso S. Pietro, il 9 aprile, domenica di risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, dell'anno 1944, VI del Nostro pontificato.

PIO PP. XII





(1) PIUS PP. XII, Litt. enc. Orientalis Ecclesiae de Sancto Cyrillo Patriarcha Alexandrino, saeculo exeunte quinto decimo a piissimo eius obitu, [Ad venerabiles Fratres Patriarchas, Primates, Archiepiscopos, Episcopos aliosque locorum Ordinarios, pacem et communionem cum Apostolica Sede habentes], 9 aprilis 1944: AAS 36(1944), pp. 129-144.
Cirillo di Alessandria: il pastore, il teologo, il difensore della vera dottrina e dell'integrità della fede contro le eresie del suo tempo. Sempre animato da grande carità e da spirito di riconciliazione. Forte attaccamento alla sede appostolica di Roma come suprema autorità. Presiedette a nome del papa il concilio di Efeso. Cercò pace e concordia con i vescovi antiocheni dissidenti. Invito a lavorare per l'unità dei cristiani, sull'esempio di s. Cirillo e col suo patrocinio.
(2) Ep. 12, 4: PL 50, 467.
(3) Ep. 13, 2: PL 50, 471.
(4) Ep. 25, 7: PL 50, 552.
(5) Cf. MANSI 6, 953.956-957; 7, 9.
(6) Cf. Ep. ad Imp. Theodosium: PL 54, 891.
(7) Cf. MANSI 9, 231s.
(8) Cf. MANSI 10, 1076s.
(9) Cf. MANSI 11, 270s.
(10) Cf. MANSI 11, 262s.
(11) AAS 23(1931), p. 493ss; EE 5/820ss.
(12) Cf. In Ioann., 1. X: PG 74, 419.
(13) Ep. 10: PG 77, 78.
(14) Ep. 9: PG 77, 62.
(15) Ep. 10: PG 77, 70.
(16) Ep. 9: PG 77, 63.
(17) Ep. 1: PG 77, 14.
(18) Cf. Ep. 55: PG 77, 292-293.
(19) Ep. 61: PG 77, 325.
(20) Cf. Ep. 9: PG 77, 62.
(21) Ep. 57: PG 77, 322.
(22) Ep. 58: PG 77, 322.
(23) Ep. 18: PG 77, 123-126.
(24) Ep. 9: PG 77, 62.
(25) Ep. 39: PG.77, 175.
(26) Ep. 33: PG 77, 161.
(27) Ep. 43: PG 77, 222-224.
(28) Ep. 39: PG 77, 174.
(29) Ep. 11: PG 77, 79.
(30) Cf. Ep. ad Cyrillum: 77, 90.
(31) MANSI 4, 1287.
(32) Apol. ad Theodos.: PG 76, 482.
(33) Ep. 22: PL 50, 542-543.
(34) Ep. 40: PG 77, 202.
(35) Ep. 11,1-2: PL 50, 461.
(36) Ep. 5, 1.3.5: PL 50, 602-604.
(37) Ep. 44: PG 77, 226.
(38) Ep. 49: PG 77, 254.

mercoledì 2 febbraio 2011

Pio IX - Neminem vestrum (2 febbraio 1854)

sulla situazione della Chiesa in terra di Armenia, sulla condanna degli scismatici armeni, sulla condanna dei tentativi “ecumenici” che non tengono conto degli errori degli scismatici